Se il nostro briefing fosse un tiramisù, dove gli strati di base sono la piattaforma tecnologica con cui produciamo e inviamo i contenuti e quelli superiori le notizie, il ruolo della crema che aiuta a tenere tutto insieme è svolto da Sergio Maistrello. Con 30 anni di esperienza su contenuti, pratiche e formati per l’informazione, Sergio, da circa un anno, è il product manager di Good Morning Italia.
Ci spieghi esattamente in cosa consiste il tuo lavoro?
“Sono l’anello di congiunzione tra i diversi team – cioè quello editoriale, quello di sviluppo e quello commerciale, che sono sparsi tra Italia, Londra e New Delhi. Sono in un certo senso l’avvocato difensore del prodotto per conto del lettore. La mia esperienza è a cavallo tra giornalismo e tecnologia e quindi aiuto queste componenti di Good Morning Italia a dialogare e a mantenersi in equilibrio”.
Secondo te, quanto il giornalismo oggi ha bisogno di product management?
“Il giornalismo ha sempre più bisogno di competenze tecnologiche in generale. I prodotti digitali sono liquidi e destinati a un’evoluzione esponenziale. La tecnologia non è soltanto un supporto, ma uno dei linguaggi del giornalismo contemporaneo. Lo sviluppo non termina mai, per definizione: mentre servi il prodotto di oggi stai già costruendo le evoluzioni di domani. Puoi governare questo cantiere in molti modi. Il product manager in redazione è uno di questi: se il tuo modello di sviluppo è basato sul design, come nel caso di Good Morning Italia, ti aiuta a non appiattire lo sguardo sulle contingenze del giornalista e dello sviluppatore, e a continuare a tenere gli occhi sul lettore e sulle sue domande”.
Ci sono degli esempi di prodotti giornalistici che segui che stanno lavorando in questa direzione?
“Basta sfogliare i siti del New York Times o del Guardian, per rendersi conto quanta cultura del prodotto giornalistico digitale ci sia già nei media mainstream internazionali di punta. Per non dire delle esperienze più giovani e dirompenti, come Quartz. In Italia, dove in genere le redazioni tendono ancora a prevaricare gli sviluppatori, guardo con curiosità alla riorganizzazione dei contenuti del gruppo GEDI, dove contenitori verticali trasversali si incrociano in modo nuovo con i siti delle testate storiche. E mi attendo gioie dal Post, che ho visto crescere piano ma bene in questi anni”.
Nella tua attività ti sei occupato e ti occupi anche di giornalismo di comunità: ci spieghi di cosa si tratta e se un briefing come Good Morning Italia può essere uno strumento utile in questo ambito?
“Ti faccio un esempio davvero iperlocale: sono rappresentante dei genitori nella classe di mia figlia, che fa la quinta elementare. Dopo ogni incontro con gli insegnanti condivido un verbale per allineare tutti, non solo gli assenti. Lo scrivo per punti molto sintetici e fattuali, senza lesinare iconcine informali che aiutano a decodificare il contesto, aggiungo dove possibile un tocco di ironia. Dietro ogni parola però c’è verifica, comprensione del quadro d’insieme, ricerca di link per stimolare l’approfondimento. In questo modo servo sia il genitore superficiale e distratto che quello impegnato e curioso, alimentando un racconto condiviso. Aggiornamento, costruzione di contesto, strumento di conoscenza: insomma, facevo un briefing e non me ne ero reso conto”.
Le newsletter stanno vivendo una seconda vita: tu che tipo di utente sei rispetto a questo prodotto?
“Io sono uno che soffre terribilmente l’entropia nelle proprie casella di posta. Entro la fine giornata, al massimo entro la fine della settimana, devo aver selezionato, letto, archiviato, cestinato tutto quello che entra nella mia inbox. Inoltre sono piuttosto un lettore vorace di quanto supera il filtro delle mie reti sociali. Questo nel tempo mi ha reso meno incline alle newsletter, di cui però mi nutro avidamente quando portano gli argomenti di attualità che mi interessano a un livello di specializzazione inedito, come Da Costa a Costa, la newsletter sulla politica statunitense di Francesco Costa, o Guerre di Rete, l’appuntamento settimanale sui temi cyber di Carola Frediani”.