Pubblichiamo uno dei testi del nostro libro “L’anno che verrà – 2020” scritto da Francesco Olivo
La Spagna non riesce più a immaginare il proprio futuro. La crisi catalana sembra irrisolvibile, con il massimo dell’ottimismo si può sperare che nel 2020 il conflitto territoriale venga per lo meno affrontato seriamente, magari con gli strumenti della politica e non più soltanto con quelli della polizia e della giustizia. A Barcellona si tornerà alle urne nei prossimi mesi, e forse dalle urne potrebbe uscire un esecutivo regionale che abbandoni, almeno per ora, la via unilaterale.
A Madrid si stenta a formare un governo, l’accordo a sinistra è una svolta storica, il primo esecutivo di coalizione dal ritorno della democrazia, ma la stabilità che ha caratterizzato il Paese per oltre 40 anni è solo un ricordo. Lo schema di sempre, due partiti più le formazioni locali, è saltato, prima con l’irruzione di Podemos e Ciudadanos e ora con l’arrivo dell’estrema destra, Vox, passata in pochi mesi dall’assoluta marginalità al protagonismo politico. In queste condizioni per Pedro Sánchez, dopo negoziati faticosi per ottenere la fiducia della Camera, sarà molto complicato governare. I poteri del capo dell’esecutivo spagnolo mettono in parte a riparo il Paese da scossoni istituzionali (è solo lui a sciogliere le camere, e si può sfiduciare solo in presenza di un candidato alternativo), ma i prossimi mesi saranno un percorso a ostacoli.
Dopo il fallimento delle trattative tra socialisti e Podemos nell’estate del 2019, il ritorno alle urne ha chiarito che c’è ancora spazio (e numeri) per un governo progressista. I risultati del 10 novembre sono stati simili a quelli del 28 aprile, ma con due conseguenze pericolose per il sistema: la più evidente è il boom di Vox e quella più strisciante è un sentimento di sfiducia verso la politica sempre più diffuso. Le cose ovviamente sono legate. Sánchez e Iglesias sembrano aver imparato la lezione: in meno di 48 ore dalla chiusura delle urne è stato firmato un accordo di governo. Per avere il via libera però serve un patto parlamentare, più o meno oneroso, con molte forze. Tra queste c’è Esquerra Republicana, il partito indipendentista catalano, il cui leader Oriol Junqueras, è in carcere, condannato 13 anni per sedizione, per il tentativo di dichiarare l’indipendenza nel 2017. L’anomalia spagnola è proprio qui: se non si risolve la crisi catalana, il Paese resterà bloccato per molti anni.
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