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Le regole del gioco

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di: redazione
28/12/2019
Le regole del giocoLe regole del gioco

Pubblichiamo uno dei testi del nostro libro “L’anno che verrà – 2020” scritto da Alberto Mingardi

Quando la Commissione europea multa Google, la reazione di Donald Trump è: dovremmo farlo noi. L’affermarsi delle grandi imprese tecnologiche, in particolare degli over-the-top come Google e Facebook, sembra riportare indietro le lancette della politica della concorrenza. A partire dagli anni Settanta, si è andato diffondendo un indirizzo per cui ciò che conta non è più tanto la numerosità dei concorrenti in un mercato, quanto l’assenza di barriere che impediscano l’ingresso a nuovi entranti.

Per quanto il dibattito scientifico non sia mai venuto meno, la priorità è divenuta accertare eventuali danni arrecati al consumatore, non sanzionare l’eventualità che un operatore sia più grande o sia il solo a disporre di una certa tecnologia o a fornire un determinato prodotto. Un’impresa può essere l’unica a offrire un certo prodotto semplicemente perché l’ha sviluppato per prima: il fatto che essa possa cogliere i frutti delle sue innovazioni non necessariamente significa che stia danneggiando il consumatore. Nel mondo dei bits è tornata la preoccupazione per le grandi dimensioni di per sé. Un operatore “dominante” incute timore: si pensa che la posizione dei grandi operatori sia tale da perpetuarsi da sola, come se essi potessero risparmiarsi i travagli della concorrenza.

Nel 2001 il film “Antitrust” dipingeva Bill Gates come l’aspirante dominatore del mondo: oggi Microsoft è un’azienda come tante. Facciamo a malapena in tempo ad abituarci a Instagram che (per giunta dalla Cina) arriva Tik Tok. Le grandi dimensioni portano vantaggi, anche per l’investimento in ricerca e sviluppo, e sono necessarie in settori nei quali serve molto capitale per mantenere in funzione infrastrutture efficienti. Ma un monopolio, per formarsi, ha bisogno della protezione dello Stato. Le cose vanno un po’ diversamente nelle economie chiuse. La protezione dalla concorrenza internazionale è di per sé una barriera all’ingresso. In assenza di pressioni competitive, è meno probabile che gli operatori economici siano spinti a servire i consumatori nel migliore dei modi. Questo è vero nella new come nella old economy, e anche ai tempi di Trump.

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