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L’industria e l’imperativo di investire

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di: redazione
2/1/2020
L’industria e l’imperativo di investireL’industria e l’imperativo di investire

Pubblichiamo uno dei testi del nostro libro “L’anno che verrà – 2020” scritto da Dario Di Vico

Nel 2020 abbiamo l’assoluta necessità che ripartano gli investimenti. Senza di essi infatti il sistema produttivo italiano mostrerà tutti i suoi limiti e nella difficile stagione in corso sarà chiamato a pagare dei prezzi salati. Il governo per l’anno nuovo parla di un +0,4% di Pil che dovrebbe quindi segnare una leggera risalita rispetto al 2019 ma che comunque ci vedrebbe ancora una volta come fanalino di coda dell’eurozona.

Ma non c’è solo un problema di congiuntura. La nostra industria ha bisogno di modernizzarsi, di entrare in pieno nell’era della digitalizzazione e quindi di recuperare ritardi che oggi ci paiono evidenti e che potrebbero compromettere il secondo posto nella manifattura europea, dopo i tedeschi e prima dei francesi.

Investimenti, dunque, che scarichino a terra la liquidità che le nostre imprese oggi hanno parcheggiata nei loro conti correnti (come dimostrato da una recente indagine Prometeia-Intesa Sanpaolo). Se poi da un’impostazione di carattere generale passiamo ad esaminare i singoli dossier settoriali le preoccupazioni non diminuiscono, anzi. Non sappiamo onestamente cosa ne sarà della siderurgia italiana dopo il caso Ilva. Un drastico ridimensionamento o addirittura una chiusura di Taranto comporterebbe danni evidenti per il Sud ma anche uno stravolgimento delle modalità di funzionamento dell’industria metalmeccanica del Nord. Saremmo costretti a comprare acciaio dagli
asiatici e l’operazione non si presenta facile.

Anche nel settore automotive gli interrogativi la fanno da padrone. Ci saranno da capire i riflessi dell’alleanza Fca-Peugeot sugli stabilimenti italiani in un contesto in cui la nostra industria della componentistica soffre già per gli effetti della crisi dell’industria tedesca dell’auto. La transizione tecnologica verso l’auto elettrica è una discontinuità che chiama in causa una capacità di risposta sistemica ma per ora i governi di Roma sembrano aver sottovalutato quest’emergenza o comunque si sono mossi in ritardo. Il 2020 sarà, dunque, un test di prima difficoltà per la nostra industria il cui esito non è scontato.

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